A 25 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, un editoriale sulla rivista "Lancet Oncology" descrive le conseguenze dell'evento in termini sanitari, sottolineando le difficoltà nella valutazione di tali effetti e le opportunità di ricerca offerte, purtroppo, dall'incidente di Fukushima.
A 25 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, un editoriale sulla rivista "Lancet Oncology" descrive le conseguenze dell'evento in termini sanitari, sottolineando le difficoltà nella valutazione di tali effetti e le opportunità di ricerca offerte, purtroppo, dall'incidente di Fukushima.
La speranza che l'evento possa essere utile in termini di conoscenze sull'argomento deriva dalla notevole esperienza giapponese in questo campo. Il commento è firmato da Kirsten B Moysich e Philip McCarthy, del Roswell Park Cancer Institute di Buffalo, nello stato di New York, e da Per Hall, del Karolinska Institute di Stoccolma, in Svezia, che hanno contribuito a numerosi articoli e rapporti sull'argomento, compreso il primo rapporto delle Nazioni Unite sugli effetti dell'incidente di Chernobyl del 2000.
Gli elementi radioattivi con emivita molto lunga, specialmente cesio e stronzio, rimarranno nell'ambiente per i prossimi decenni. Lo iodio, nonostante i soli otto giorni di tempo di dimezzamento, può essere dannoso poiché viene assorbito dall'organismo con il cibo, e viene poi immagazzinato nella ghiandola tiroide.
In seguito all'incidente di Chernobyl, nelle aree interessate dalla più elevata esposizione agli elementi radioattivi è stato osservato un aumento del rischio di tumore della tiroide da 3 a 8 volte, e per questo è stata raccomandata la distribuzione di tavolette di ioduro di potassio a bambini e adolescenti nelle aree più contaminate.
Sfortunatamente, non sono disponibili interventi chemioprotettivi per l'esposizione al cesio e allo stronzio.
“Occorre un approccio aggressivo per limitare l'esposizione allo iodio radioattivo e al cesio, e per isolare le aree contaminate. In particolare, i bambini e i giovani adulti sono i soggetti esposti al rischio più alto, dal momento che i dati ottenuti in passato mostrano come l'esposizione in giovane età incrementi il rischio di effetti sanitari come il tumore della tiroide”.
Oltre a ciò, l'articolo discute l'effetto potenzialmente dannoso per le ragazze in pubertà, per le quali è stato evidenziato un aumento del rischio di tumore della mammella nel corso del Japanese Life Span Study, in cui sono stati studiati i diversi fattori di rischio per l'esposizione alle esplosioni atomiche della Seconda guerra mondiale. Un altro periodo critico è quello dell'allattamento se è coinciso con quello dell'incidente, quando la probabilità dell'assorbimento di radionuclidi da parte del tessuto mammario è elevato”.
Moysich e colleghi, concludono che le conseguenze oncologiche dell'incidente di Chernobyl erano limitato al tumore della tiroide nei bamibni e in misura inferiore a quanto atteso.
A causa a diversi problemi associati allo studio degli effetti di Chernobyl, i risultati di nuovi studi che abbiano come oggetto l'incidente di Fukushima potrebbero fornire più accurate stime delle conseguenze degli incidenti negli impianti nucleari nel passato e del presente, oltre a fornire utili informazioni per la gestione della salute pubblica nel futuro.
L'editoriale di Lancet Oncology conclude dicendo: “Un aspetto spesso trascurato del disastro nucleare è il peso psicologico sui soggetti coinvolti. Nel 1991, uno studio dell'International Atomic Energy Agency ha ha concluso che gli effetti psicologici del disastro di Chernobyl sono stati sproporzionati rispetto al rischio biologico. Secondo il rapporto del Chernobyl Forum dell'ONU, il più grave danno sanitario del disastro è stato sulla salute mentale, un effetto reso ancora più grave dalla scarsa informazione sui rischi associati all'esposizione alle radiazioni. Le conseguenze a lungo termine di Fukushima rimangono da verificare, ma via via che il Giappone procede [alla messa in sicurezza], occorre una chiara e accessibile divulgazione di informazioni è essenziale per assicurare un'adeguata salvaguardia e monitoraggio della salute pubblica”.