Plastica Biodegradabile dagli Scarti delle Patate

Plastica biodegradabile dagli scarti delle patate, ecco cosa si potrà fare



Emilia Romagna



Una azienda bolognese specializzata nella produzione di materiali ecosostenibili ha creato è Minerv Pha, un biopolimero ‘green’ che, pur mantenendo le stesse caratteristiche termo – meccaniche delle sostanze che compongono le plastiche tradizionali, è al 100% biodegradabile in natura

L’obiettivo era creare una plastica che non inquinasse l’ambiente, e per riuscirci, la Bio-On, azienda bolognese specializzata nella produzione

L'Isola dei Rifiuti è sempre più Grande


Grande quasi il doppio dell'Italia, è la più grande discarica a cielo aperto del mondo. E galleggia nel bel mezzo del Pacifico

Immaginate una discarica grande più di due volte l'Italia, riempita con ogni tipo di pattumiera immaginabile. Fatto? Perfetto. Ora immaginatela mentra galleggia nel bel mezzo del Pacifico. No, non è un film dell'orrore a tema catastrofico-ambientale, ma una sommaria descrizione del Great Pacific Garbage Patch, meglio nota come l'Isola dei Rifiuti, un immenso ammasso di plastica e immondizia accumulato dalle correnti marine tra la California e le isole Hawaii. (guarda come si crea in questo multimedia)
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Un tursiope rimasto intrappolato in un pezzo di plastica nelle acque delle Hawaii (© Flip Nicklin/Minden Pictures/Corbis)
Mina (ecologica) vagante
Considerata da anni una delle più grandi minacce all'ecosistema oceanico, questa incredibile discarica galleggiante non solo non accenna a ridursi, ma secondo le ultime ricerche si sta addirittura espandendo.  Lo affermano gli oceanografi dello Scripps Institute in un articolo pubblicato sull'ultimo numero di Biology Letters. Secondo i ricercatori, l'aumento della massa di immondizia galleggiante sta mettendo in grave pericolo i più piccoli abitanti dell'Oceano.

La plastica tradizionale sarà presto sostituita dalla bioplastica, un materiale reperibile in grandi quantità e con numerosi vantaggi per l’ambiente



Quasi quotidianamente sentiamo parlare di bioplastica e di ricerche per la realizzazione di questo materiale più ecologico, e del suoi possibili impieghi per l’uso nell’alimentazione e non solo. Capsule per il caffè, shopping bag, stoviglie monouso; ormai sono molteplici i settori alimentari interessati a questo cambiamento e i polimeri a base bio stanno cominciando a sfidare concretamente le plastiche tradizionali. Diversi studi dimostrano che c’è una maggiore attenzione alla sostenibilità degli imballaggi da parte sia delle aziende sia dei consumatori e questo alimenta la domanda di mercato.
Ci sono bioplastiche realizzate da noccioli di avocado, da rifiuti di carne e da scarti dell’industria del legno o della produzione del biodiesel. Sembra che le vie per ottenere la nuova generazione di sostanze siano innumerevoli e forse si sta presentando l’opportunità di muoversi verso la soluzione dei grandi problemi di carattere ambientale. Ma di cosa si tratta realmente? È veramente un’opzione che, in un prossimo futuro, permetterà di sostituire la plastica tradizionale derivata dal petrolio? Esistono sfide che devono essere affrontate?
Certo il riconoscimento del valore e delle implicazioni delle nuove soluzioni tecnologiche richiede soprattutto la consapevolezza da parte dei consumatori. È necessario quindi investire perché si adeguino le conoscenze generali ai progressi della tecnologia.

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La diffusione della bioplastica richiede la consapevolezza da parte dei consumatori

Innanzitutto, cos’è una bioplastica? Secondo la definizione data dalla European Bioplastics, si tratta di un tipo di plastica che deriva da materie prime rinnovabili, oppure è biodegradabile, o ha entrambe le proprietà. Vanno anche distinte le fonti di partenza utilizzate per la realizzazione di questo tipo di materiale, che possono essere rinnovabili (mais, alghe, scarti vegetali) o fossili.
Un terzo gruppo che sta diventando sempre più popolare è quello delle plastiche tradizionali non biodegradabili, prodotte a partire da risorse rinnovabili anziché da combustibili fossili. Un esempio in questo senso il “polietilene verde” realizzato a partire dall’etanolo, che attraversa un processo di fermentazione da materiale organico e poi viene convertito in etilene polimerizzato. Il polietilene verde ottenuto da risorse rinnovabili è identico a quello ottenuto dal petrolio, possiede le stesse proprietà e può avere le stesse applicazioni.

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Questo materiale può essere una soluzione a tanti problemi ambientali

Quali sono i reali vantaggi dell’impiego di bioplastiche? Consentono di ottimizzare la raccolta e la gestione dei rifiuti e di ridurre l’impatto ambientale, apportando vantaggi significativi al ciclo produzione-consumo-smaltimento. Con la giusta comunicazione si potrebbe ottenere anche una maggiore accettazione da parte del consumatore, un aumento della vita utile dei prodotti confezionati e il compostaggio dove possibile.
Per esempio, le stoviglie usa e getta e i contenitori monouso come gli imballaggi, hanno un enorme effetto sull’ambiente: sono difficili da riciclare se contaminati dal cibo e spesso non sono gestiti correttamente dal consumatore. Invece, se realizzati in plastica compostabile, possono essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti in compost. Su questa onda si stanno muovendo quasi tutti i produttori di capsule domestiche per il caffè.
Quali sfide ci aspettano? Secondo recenti studi esistono dei passaggi che devono essere affrontati affinché si possa godere dei vantaggi delle bioplastiche in sostituzione di quelle tradizionali; il loro successo sul mercato sarà determinato proprio dai risultati che ne deriveranno. Si parla di:
1. Competitività del costo delle bioplastiche nei confronti di quelle tradizionali. Il successo di un prodotto lanciato sul mercato è determinato dal costo di adozione di un nuovo materiale rispetto alle opzioni già in commercio. L’elevato prezzo rispetto ai petrolchimici termoplastici rimane una delle cause della lenta adozione di imballaggi in bioplastica. Questa sfida è diventata particolarmente evidente nel 2014, quando il prezzo del petrolio greggio è crollato di circa il 55%.

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La Commissione Europea ha finanziato un progetto per la realizzazione di bioplastiche da rifiuti  e fanghi di depurazione

Si tratta di una delle principali motivazioni che spinge le aziende a cercare di impiegare risorse presenti in abbondanza e a basso costo, come i rifiuti o i sottoprodotti derivanti da altri processi industriali. Vi sono studi e tentativi in corso per la realizzazione di materie prime per bioplastiche con siero di latte, scarti di di lavorazione vegetale o rifiuti di carne. Ci sono anche progetti più ambiziosi finanziati dalla Commissione europea, come Synpol, che si concluderà nel 2016. Lo scopo è di utilizzare rifiuti solidi urbani e fanghi di depurazione provenienti da impianti di trattamento.
2.  Disponibilità delle materie prime. Secondo le previsioni l’Asia diventerà il principale centro di produzione di bioplastica nei prossimi anni, grazie anche a progetti di grande portata in Thailandia, India e Cina da cui proverranno, entro il 2020, oltre tre quarti di questi materiali. L’Europa, pur essendo in prima linea nella ricerca e nello sviluppo di tecniche produttive, non sembra possedere una forte capacità di fabbricazione, forse per mancanza di materia prima da impiegare. Sarà necessario evitare il conflitto, in alcuni casi evidente, tra risorse alimentari e materie prime necessarie alla produzione di bioplastiche. In secondo luogo dovranno essere individuate risorse sufficientemente abbondanti per rifornire le aziende produttrici. In Inghilterra una delle strade percorribili sembra quella che prevede l’utilizzo di lignina (un polimero componente del legno ricavabile da scarti di lavorazione dello stesso) o da rifiuti dell’industria cartaria.
3.  Prestazioni e qualità rispetto a quelle tradizionali. Nella produzione della plastica tradizionale vengono usati additivi per conferire caratteristiche quasi uniche ai materiali; questa tecnica potrebbe essere utilizzata anche nell’ambito delle bioplastiche. Tuttavia, il mercato degli additivi per i polimeri a base biologica è ancora molto piccolo. I progressi più notevoli si notano nell’ambito del PLA (polimero a base biologica) che è ormai dimostrato di resistere a temperature di 100-140° e che lo rende un sostituto valido ad altre sostanze in più applicazioni.
Altro punto per la realizzazione di una buona bioplastica riguarda la necessità di generare un prodotto con caratteristiche costanti: la grande varietà di materie prime non sembra portare all’uniformità chimica. La scelta, la selezione e lo stoccaggio delle suddette devono essere stabiliti con criteri precisi e adeguati alla destinazione di utilizzo finale.
4.  Grado di diffusione sul mercato. Negli ultimi anni il mercato delle bioplastiche, nonostante i numerosi ostacoli sopra evidenziati, è diventato sempre più competitivo in termini di costi ed è stato supportato sul piano legislativo dall’introduzione di standard e schemi di certificazione. In alcuni Paesi si è arrivati fino al divieto di utilizzo delle plastiche tradizionali per talune applicazioni, come i sacchetti per la spesa usa e getta (Italia in primis).

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Non solo plastiche tradizionali: il mercato si sta diversificando

Diverse multinazionali hanno introdotto l’opzione green nei loro piani di crescita a lungo termine e nelle loro strategie innovative. Gli avanzamenti tecnici e di impiego possono interessare sia i produttori di materiali, sia chi si occupa di prodotti finiti. C’è un grande potenziale di innovazione e diversificazione dell’offerta, che prima si basava solo sulle plastiche tradizionali.
Tutti questi sono segnali che portano a pensare che una svolta concreta sia vicina e lo sarà ancor di più se i consumatori saranno informati sui reali vantaggi e le opportunità che questo settore sta proponendo. I produttori a loro volta potranno trarre vantaggio dal costante incremento della coscienza ambientale nella popolazione.
Le bioplastiche sono materiali innovativi che possono sostituire le plastiche in una vasta gamma di prodotti, perché, a parità di applicazione, offrono prestazioni del tutto analoghe a quelle delle loro controparti tradizionali. Attualmente i materiali “eco” si posizionano con successo in nicchie di mercato come quelle degli alimenti biologici o dei beni di lusso, spesso in forma di packaging dedicato. Un esempio ci viene da diverse industrie leader nella produzione di bevande hanno espresso l’intenzione di sostituire le bottiglie tradizionali in PET con il loro equivalente in materiale bioplastico (BIO-PET e PEF).
Di seguito alcuni esempi di applicazione in ambito alimentare, in fase di studio o già realizzati e che rendono l’idea delle forti potenzialità del mercato delle bioplastiche.

Film e sacchetti
I fogli in bioplastica possono essere usati per produrre sacchetti per rifiuti organici, buste per la spesa, pellicole per alimenti, pellicole termoretraibili per contenitori di bevande
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Imballi per alimenti
Gli imballi per alimenti in bioplastica possono essere usati per confezionare diversi tipi di cibo, dai prodotti da forno all’ortofrutta, dalle caramelle alle spezie e bevande analcoliche. Sul mercato sono disponibili diversi tipi di imballi bioplastici compostabili.
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Bicchieri, piatti e posate usa e getta
Gli oggetti usa e getta sono spesso impiegati per picnic, eventi all’aria aperta, contenitori di cibo monouso, nei catering e sugli aerei. Essi generano una grande quantità di rifiuti difficili da riciclare perché contaminati dal cibo. Se realizzati in plastica compostabile, possono invece essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti in compost.
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La bioplastica, una rivoluzione confusa


Il sacchetto del supermercato, il così detto shopper, ha sempre avuto un duplice scopo: sacchetto della spesa e sacchetto dell'immondizia. La sua capacità di contenere prima i pieni e poi i vuoti lo relegava indissolubilmente a questo ruolo.

Gli shopper del supermercato erano perfetti per capienza e robustezza. Resistevano a chili di spesa andando in crisi solo con quelle temutissime confezioni a spigoli vivi come il succo multivitaminico da 2 litri e le confezioni da tre di pomodoro in scatola.

Il suo servizio terminava dopo pochi giorni nel cassonetto ma la sua esistenza sulla Terra no, proseguiva quasi in eterno. Ecco il suo peccato! Per una sorta di patto con il diavolo si ritrovava a vagare reietto per centinaia d'anni nel nostro pianeta. Qualche decennio svolazzando sui bordi delle strade, anni appeso a un ramo e poi lunghi viaggi attraversando paesi, continenti e mari per finire nel Pacific Vortex, quell'area dell'oceano dove miliardi di sacchetti si danno appuntamento per fluttuare come grosse meduse su e giù, senza fine; dannati sacchetti di plastica!

Con la messa al bando degli shopper derivati dal petrolio (polietilene) quel collaudato meccanismo che ormai davamo per scontato si è incrinato. Nei supermercati propongono nuovi sacchetti in plastica biodegradabile realizzati con materie prime vegetali come il mais, il grano. Sono perfetti per raccogliere i rifiuti organici e si decompongono in pochi mesi nella compostiera.
bioplastica compostabile in quanto tempo si degrada

sacchetti in bioplastica sono meno resistenti e per questo di piccola taglia. Si lacerano soltanto a

Spagna, uomo muore incornato durante un encierro a Coria


Il 43enne, che proveniva da un villaggio vicino, è stato rapidamente soccorso e trasferito in ospedale, dove però è deceduto in seguito alle ferite riportate. Il video della carica è stato pubblicato su diversi media spagnoli, alimentando le polemiche intorno alla pericolosità di queste tradizionali manifestazioni estive, nelle quali centinaia di persone corrono con i tori.
Il più famoso encierro è senza dubbio quello che si svolge nella città di Pamplona, in Navarra, nei giorni tra il 7 ed il 14 luglio, in occasione della Festa di San Firmino.


Fonte: adnkronos

Un'altra Macabra Scoperta su #Expo: La "Zona Bio" è una Finzione



Su Expo è stato scritto tutto e il contrario di tutto. La grande esposizione universale è una bufala, un piano per fare favori alle grandi multinazionali del junk-food. Ci siamo stati con il nostro portavoce Marco Zullo, volevamo vedere - tra questi giganti del cibo spazzatura - l'oasi di pace e benessere dedicata alla biodiversità. Sulla cartina l'area era piuttosto grande ed attrezzata. Ma dal vivo la scoperta è stata sconcertante. Stiamo parlando di uno spazio ben delimitato (per non dire sacrificato), dove si trovano un supermercato, una pizzeria e poco altro. In questa zona non ci si arriva nemmeno per sbaglio. L'area si trova di fronte all´ingresso Est, da dove entra appena l´1,2% dei visitatori. I padiglioni più visitati, così come l´ingresso Ovest, distano oltre due chilometri.
IL TRUCCO SULLE METRATURE

La mafia capitalista e lo sfruttamento: i bambini africani per estrarre e quelli cinesi per assemblare




Lo sfruttamento e il lavoro minorile non può essere definito come solo un fenomeno, non è assolutamente un fatto anomalo rispetto al normale funzionamento del sistema capitalistico, bensì una condizione imposta e costante del capitalismo e della globalizzazione stessa.

Coltan - lavoro minorile
La mafia capitalista e lo sfruttamento: i bambini africani per estrarre e quelli cinesi per assemblareNell’occidente avanzato oggi è quasi impossibile riscontrare sfruttamento di minori. I minori hanno nella maggior parte dei casi una vita dignitosa, sono tutelati, hanno diritto all’alfabetizzazione fino ad una certa età e al mantenimento. Le aree dove invece lo sfruttamento è un dato di fatto sono ben altre, sono i cosiddetti Paesi in via di sviluppo quali, Asia, Europa dell’Est, Africa e America del Sud.
Lo sfruttamento del lavoro, quindi, non riguarda solo persone adulte ma cosa ancora più vergognosa i minori, che sono costretti a lavorare negli ambiti più svariati, si utilizzano i bambini nell’agricoltura,nella pesca, nella tessitura, nelle fabbriche di scarpe ma anche nella produzione di cellulari, smart phone.
In particolare lo sfruttamento del lavoro minorile nella produzione dei cellulari è un problema a livello mondiale che riguarda tutti i produttori di apparecchi cellulari e non esclude nessuno.
Per esempio in Cina, un giornalista con una telecamera nascosta ha filmato le condizioni di lavoro dei dipendenti di una delle più grandi multinazionali nel settore della telefonia mobile, e questi per lo più erano bambini.

Apple - lavoro minorile
Questa è una situazione di sempre maggiore sfruttamento all’interno delle fabbriche cinesi, di bambini e minorenni che vengono utilizzati per assemblare i dispositivi cellulari delle più famose marche. Nelle aziende dove vengono assemblati i famosi dispositivi smartphone ci sarebbero un numero spropositato di bambini lavoratori, sfruttati.
Nella Repubblica Democratica del Congo, invece, il regista Frank Piasecki Poulsen, ha girato un film documentario con il nome di “Blood in the Mobile” dove incontra e ci parla di bambini che lavorano fino a settantadue ore consecutive nelle miniere di Bisie in Congo per estrarre il Coltan (columbite-tantalite) un minerale prezioso che viene poi impiegato come il tantalio per la produzione dei condensatori dei cellulari.
Uno dei problemi maggiori dello sfruttamento di questo minerale è che contiene una parte di uranio, quindi è radioattivo e spesso viene estratto a mani nude dai minatori congolesi, tra i quali si sono registrati numerosi casi di tumore e impotenza sessuale.
Ma il cortometraggio ci testimonia anche come le vittime più numerose del coltan siano proprio i bambini che, grazie alle loro piccole dimensioni, si calano nelle strettissime buche scavate nel terreno ed estraggono le grosse pietre che una volta frantumate daranno il prezioso minerale.

Coltan - estrazione con bambini

Wurstel, polpette e cotolette: ecco cosa c’è dentro



In diversi articoli abbiamo trattato la tematica di COME vengono preparati i principali alimenti che utilizziamo in cucina, ma sopratutto di COSA è composto il nostro prelibato cibo.
In particolare abbiamo cercato di fare luce sui cibi pre-confezionati a base di carne quali: Kebab (- Tutta la Verità sul Kebab), Wurstel (- Tutta la verità sui wurstel) e Cotolette di Pollo (- Tutta la verità sulla cotoletta di pollo).
Premesso che non cerchiamo di demonizzare il settore della carne, ma anzi di fare emergere le mezze verità che industriali per decenni hanno propinato ai consumatori a discapito di aziende serie che lavorano correttamente.

Oggi, possiamo finalmente fare un resoconto concreto di tutto ciò che potevamo lontanamente supporre appena cinque anni fa, quando pochi istituti medici e qualche testata giornalistica libera avvertiva i consumatori di non assumere scarti alimentari. Già perchè di scarti alimentari stiamo parlando.
Ricordavate quando i vecchi ci dicevano che del maiale non si butta via niente?
Figuriamoci cosa pensano gli industriali delle multinazionali!!!

In quest'ultimo decennio abbiamo definito con i nomi di cotoletta, wurstel, polpetta, nuggets, una poltiglia cremosa ottenuta con tutti gli scarti della produzione intensiva di carne animale, trai quali ossa, polmoni, cuore, altri organi interni, occhi, orecchie, lingua e di animali non sempre riconducibili alla specie riportata sulla confezione.
La Conferma è arrivata con il caso eclatante di Cuneo fatto emergere dal servizio di Report di Rai3 (Report: Vitelli Dopati e Consumatori Ingannati), la complicità di veterinari disonesti ed un circuito socio-sanitario atto solamente a fare soldi, hanno permesso che cittadini ignari, tra cui anche moltissimi bambini, consumassero per anni scarti malsani e talvolta avariati ed estrogenati di animali da macello.

Ma come è stato possibile non accorgersi di nulla?

Semplice! Una serie di additivi chimici trai quali sale in grandi quantità, aromi di diversi tipi, addensanti, destrosio, lattosio, fecola di patate, sciroppo di glucosio, esaltatori di sapidità, conservanti, ecc.. hanno mascherato ad arte il sapore forte e rivoltante di cadavere. In alcuni casi di deterioramento avanzato della carne si ricorre persino a lavaggi in ammoniaca e miscele di acqua e cloro, per togliere gli odori e disinfettare da eventuali batteri letali per l'Uomo.
In poche parole quel gusto che varia tra il dolce ed il salato ha il compito colpire il palato e la mente attraverso un mix di gusti esaltanti e deliziosi, facendo si che si crei una dipendenza con questi pseudo-alimenti senza capire realmente il perchè.
Il consumatore,  certo di assumere un alimento BUONO, quindi per associazione anche SANO, introduce in un attimo migliaia di calorie ed additivi che difficilmente riuscirà a smaltire; con risultati devastanti nel lungo tempo sul sistema cardiovascolare e digestivo.

Un interessante approfondimento è stato trasmesso in un reportage de "La Gabbia" che riproponiamo ai nostri lettori



Messaggio a Tutti gli Italiani: CIAO MI CHIAMO ITALIA


Esco un po' dalla linea del Blog, ma per questo ci sta!
Mi ha veramente colpito questo messaggio trasmesso dallo Zoo di 105, voglio quindi condividerlo con Tutti i Voi, numerosi lettori.
Se dopo averlo visto ha suscitato nel Tuo Cuore e nella Tua Mente la stessa fiamma che ha acceso in me, allora ti pregherei di condividerlo; perchè è giunto il momento di dire BASTA a questo stupido ed assurdo teatrino dove i burattini siamo NOI, il PIANETA ed in nostri FIGLI.

ORA BASTA, iniziamo a condividere questi messaggi per vedere quanti di noi sono stanchi di questa paradossale situazione Economico-Sociale. Sono certo che non siamo in pochi.
-INIZIAMO A CONDIVIDERE-

A te il testimone... fanne buon uso!



Martin Luther King

"La vigliaccheria chiede: E' SUCURO?
L'opportunita' chiede: E' CONVENIENTE?
La vana gloria chiede: E' POPOLARE?
La coscienza chiede? E' GIUSTO?
Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione
 che non e' nè sicura, nè conveniente, nè popolare;
 ma bisogna PRENDERLA, perchè è giusta."
Martin Luther King

Sono passati 50 anni da quando Martin Luther King, il più celebre leader delle battaglie per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti, fece il famoso discorso al termine di una grandissima marcia di protesta a Washington, il 28 agosto 1963
Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.

Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.

Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.

Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.

Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo.

Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.

Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.

Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.

E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:"Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.

Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.

E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.

Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.

Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.

Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.

Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.

Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.

Ma non soltanto.

Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.

Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.

Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.

E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente".


Tutta la Verità sul Kebab




Quante volte ti avranno invitato a mangiare un Kebab?
Il kebab infatti nell'ultimo decennio, non solo in Italia, ma in tutta Europa è diventato molto popolare grazie infatti ad un prezzo più che accessibile, alle abbondanti dosi proposte nei panini (da 120g a 360g) ed al caratteristico sapore etnico che i gestori hanno saputo trasmettere nei locali arabi.

I "Kebabbari", così vengono chiamati volgarmente dalla gente, senza volerlo, sono riusciti ad oscurare i ristoranti cinesi e rubato, in un certo modo, la popolarità ai super pubblicizzati fast food in stile Mc Donald's e Burger King, offrendo un'alternativa FAST, LOW COST e sicuramente molto più GUSTOSA rispetto alla concorrenza filo americana ed asiatica.

Sarà la novità, sarà l'abilità di questi ragazzi a farsi strada nel mercato dello "street food", ma in pochissimi anni hanno conquistato decine di posizioni nei locali di ogni città; là dove locali di matrice italiana come ristoranti e pizzerie chiudevano schiacciate dalla crisi europea; la formula "Kebab: banino o arotolato?" li sostituiva magicamente.

Questo articolo segue le due precedenti indagini sulla qualità di Wurstel (Tutta la Verità sui Wurstel) e Cotolette pre-confezionate (Tutta la Verità sulla Cotoletta di Pollo), andremo quindi a fare luce un un alimento che viene consumato indistintamente dalla fascia d'età e dal ceto sociale.

Il kebab (in arabo "carne arrostita") è un piatto tipico turco, molto diffuso in tutto in nord Africa; nell'ultimo ventennio si è diffuso nel vecchio e nuovo continente anche grazie alle immigrazioni provenienti dal Medio Oriente.
Si presenta al cliente sotto forma di un grande rotolo di carne trafitto da una spada e cotto su un girarrosto elettrico oppure a gas.
L'operatore taglia la sezione di carne già cotta e lo serve abbinata ad insalata, pomodori, cipolle e salse a piacimento in un panino arabo o arrotolato in una piadina.
Il tutto viene venduto ad un prezzo medio di 4 Euro.

Ma ti sei mai chiesto di COSA è composto il Kebab?

Inail - Aumento infortuni nel commercio



L'ultimo numero del periodico statistico Dati Inail dedica un approfondimento al commercio, che anche nel 2013 si è confermato come il settore dei servizi con il maggior numero di infortuni sul lavoro (una denuncia su cinque), seguito dalla sanità (17,2%) e dai trasporti (16%). Più di un caso su due nella vendita al dettaglio. Nel quinquennio 2009-2013 la flessione delle denunce è stata pari al 27,2% (da 72.414 a 52.731 casi), superiore a quella complessiva dei servizi (-22,2%, da quasi 327mila a oltre 254mila casi). L'analisi per comparto mostra una maggiore concentrazione dei casi nel commercio al dettaglio (56,7%), seguito da quello all'ingrosso (26,6%). Rispetto al dato di cinque anni prima, il calo infortunistico più consistente si è registrato nel commercio e riparazioni autoveicoli e motocicli (-36,5%), e riflette anche l'effetto della crisi che ha investito il settore automobilistico, che ha provocato un conseguente calo dell'occupazione. Netta prevalenza dei disturbi muscolo-scheletrici.

Nello stesso arco temporale i casi di malattia professionale denunciati nel commercio sono invece aumentati di oltre un terzo (+36,5%), dai 2.009 del 2009 ai 2.743 del 2013, che rappresentano quasi un quarto (24%) dell'intero ramo servizi. Il maggior numero di denunce (2.194 casi, pari all'80%) riguarda disturbi muscolo-scheletrici causati dai movimenti tipici effettuati nel corso del lavoro, quali posture inadeguate e movimenti ripetuti, sollevamento o movimentazione di carichi. Tra questi spiccano, in particolare, le tendiniti (40,3%) e le affezioni ai dischi intervertebrali (28,7%). Il lavoro festivo e notturno tra i fattori che incidono sullo stress. Oltre l'8% delle denunce riguarda invece le malattie del sistema nervoso e degli organi di senso, in particolare l'ipoacusia (63%), circa il 4% le tecnopatie dell'apparato respiratorio e oltre il 2% i tumori. I fattori principali che incidono sullo stress lavoro correlato di chi lavora nel commercio - i disturbi psichici rappresentano il 2,3% del complesso delle denunce del settore - sono l'impiego durante i giorni festivi, la turnazione, gli orari di lavoro che spesso si protraggono la sera e la notte, e l'interazione continua con la clientela.
12/06/2015 08.05

Ecco perchè le aperture domenicali sono un fallimento



Caro Gazzettino,
torna d'attualità il dibattito sulle aperture domenicali dei negozi, meglio identificate con le aperture domenicali dei centri e dei parchi commerciali, perchè in realtà i piccoli punti vendita hanno aderito in piccolissima parte.

Da operatore del settore ribadisco che le aperture domenicali sono da considerarsi un fallimento perchè non hanno assolutamente raggiunto lo scopo e l'obiettivo che si erano prefissate, cioè, l'aumento dei consumi e l'aumento dell'occupazione per un rilancio dell'economia.

In questi due anni i dati economici italiani sono talmente chiari che sono esattamente l'opposto di ciò che si voleva : contrazione dei consumi anche nell'alimentare, aumento della disoccupazione e un numero impressionante di piccole attività commerciali chiuse. E su questo facciamo una riflessione : i dipendenti " storici " della grande distribuzione hanno subìto il lavoro domenicale , prima non c'era e non hanno avuto alternative a non accettarlo ( ritorsioni? ); i pochi dipendenti assunti nella grande distribuzione sono quasi esclusivamente a tempo determinato ( tre/sei mesi ), per non parlare, ma pochi lo sanno, che anche nella grande distribuzione ci sono dipendenti in cassa integrazione o con contratto di solidarietà.

Consideriamo invece il titolare di un negozio che gestisce la sua attività da solo, magari dentro un centro commerciale ( ce ne sono ancora a Mestre, nel Veneto e in Italia ) : come fa a lavorare 7 giorni su 7, tutto l'anno salvo Natale, S. Stefano, Capodanno, Pasqua e Pasquetta, 12/13 ore al giorno?