Da ‘Salviamo la Domenica’ del 1900 a ‘Libera la Domenica’: Confesercenti: “Battaglia lunga più di un secolo"



“Ogni giorno, in Italia, chiudono più di 100 negozi: 4 di ortofrutta, 5 macellerie, 27 di abbigliamento, 30 ristoranti e 40 pubblici esercizi. Un dato impossibile da ignorare, e che dà le dimensioni di quanto sia profonda la crisi del commercio tradizionale. Che, oltre a tasse e recessione dei consumi, sconta un eccesso di liberalizzazioni insostenibile per gli esercizi tradizionali. Imprenditori e lavoratori del commercio non hanno più un giorno di riposo”. 
Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, parla di Libera la domenica, la proposta di legge d’iniziativa popolare che ha raccolto il sostegno di più di 150mila italiani e che è stata depositata dall’Associazione di imprese lo scorso 14 maggio alla Camera. L’iniziativa mira a riequilibrare i danni creati dal decreto Salva Italia, che ha permesso l’apertura selvaggia delle attività commerciali, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, domeniche e festività – anche il Natale – incluse. “L’eccesso di aperture – spiega Bussoni – non è servito a rilanciare i consumi, ancora in caduta libera, ma ha solo spostato quote di mercato verso la grande distribuzione organizzata. Ma ha avuto anche un altro grave effetto collaterale: ha cancellato la domenica, il giorno di riposo da dedicare agli affetti e alla famiglia. Un diritto per cui, fin dall’inizio del secolo, si sono battute importanti personalità”. “Santa Domenica, giorno di silenzio, di tenerezza e di raccoglimento!” – scriveva nel 1900 Giovanni Pascoli. “Chi, viaggiando, scende in quel giorno a una città che osservi il riposo settimanale, a una grande città solitamente piena di rumore e di moto, prova un sentimento di sorpresa. Le porte chiuse delle lunghe file di negozi, già splendenti di molti colori e già animate di un continuo entrare e uscire, danno idea di lutto. Si è tentati di dire: ‘come è solitaria questa città! Ella è fatta vedova, per di qui è passata la morte!’ E no: è passata la speranza e la promessa di concordia e della pace! Quelle porte chiuse vogliono dire famiglie tutte intere, raccolte insieme, senza fretta: il silenzio sottintende le liete grida dei giovani commessi che solcano le strade campestri con la loro bicicletta, quella mancanza di vita significa presenza di vita, di vita versa, di vita umana, composta non di sola azione ma anche di pensiero, risultante sia dal lavoro ma anche dal riposo, nutrita non solo di pane ma anche di amore e di gioia”. 
“Quando un caro amico mi ha sottoposto questo pensiero di Giovanni Pascoli – dice Bussoni - quasi non ci credevo. Dall’articolo del poeta, intitolato significativamente “Salviamo la domenica” e pubblicato nel 1900, a “Libera La Domenica” di Confesercenti: dopo 113 anni, il pensiero di Pascoli è incredibilmente attuale”.
“Da una parte – continua Bussoni – ci fa capire quanto è triste la città senza negozi, dall’altro ci fa pensare a quanto sia importante avere una giornata da dedicare alla famiglia. 
“Nel corso della prossima settimana – spiega Bussoni – la Confesercenti incontrerà i membri delle Commissioni di Senato e Camera, per chiedere loro ufficialmente di accelerare i tempi di discussione della proposta di legge. Proposta - sottolinea - che mira a ripristinare l’equilibrio nel settore del commercio: la liberalizzazione selvaggia degli orari di apertura delle attività commerciali, introdotta dal decreto Salva Italia, ha costretto piccoli imprenditori e lavoratori a rinunciare di fatto al giorno di riposo. Con la nostra proposta di legge non si propone di abolire lo shopping domenicale in toto, ma – alla luce degli scarsi risultati del provvedimento – procedere ad una revisione della legge, riportando la competenza in materia alle Regioni. Queste, infatti, meglio conoscono le esigenze del territorio, e possono stabilire le aperture quando veramente necessario. Poter chiudere durante le festività, infatti, è importante per noi, e non solo per motivi economici: permette ad imprenditori e lavoratori di godere del giusto giorno di riposo, di dedicare tempo agli affetti e alla famiglia”. 
“Non siamo dunque i primi a combattere questa battaglia di civiltà per il giorno di riposo”, conclude Bussoni. “Abbiamo precedenti illustri ed illustrissimi, come appunto il grande poeta romagnolo. E facciamo nostro il suo appello: “Si restituisca al lavoro ciò che lo distingue dalla pena; si renda al lavoratore ciò che lo distingue dal forzato e dal dannato: abbia il popolo ciò che gli era stato dato: la sua domenica! Senz’essa, non c’è settimana”.
(fonte: Confesercenti Nazionale)