Dimmi quanti anni hai...
e ti dirò quanti animali son stati uccisi per te!
Si stima che ogni individuo ogni anno mangi più di 900 animali,
queste cifre comprendono sia gli animali di grossa taglia (bovini, suini, equini, ecc.) che quelli di piccola taglia (galline, conigli, animali da cortile, ecc.), pesci, molluschi ecc..
Gli animali mangiati ogni anno in tutto il mondo dagli esseri umani sono circa 48.000.000.000 (48 miliardi)! Fonte: U.N. FAO Food and Agriculture Organization – 2001
Ad esse occorre inoltre aggiungere l'enorme quantità di pesci, così abbondante da essere numericamente incalcolabile: essa infatti viene conteggiata direttamente in tonnellate di pescato.
Ogni anno vengono prelevate dai mari e dagli oceani di tutto il mondo circa 80.000 tonnellate di pesci! Fonte: WWF International 2003
Ad esse occorre inoltre aggiungere l'enorme quantità di pesci, così abbondante da essere numericamente incalcolabile: essa infatti viene conteggiata direttamente in tonnellate di pescato.
Ogni anno vengono prelevate dai mari e dagli oceani di tutto il mondo circa 80.000 tonnellate di pesci! Fonte: WWF International 2003
Sai cosa mangi?!?
Se ami gli animali perchè li mangi?
Perché scegliere di diventare vegan?
La ragione principale è il rispetto degli animali. Chi segue questo stile di vita non li considera semplici oggetti ma esseri sensibili con un loro valore intrinseco.
Per questo i vegan non mangiano prodotti animali come carne, pesce, uova e latticini, non indossano pelle, lana o seta, non usando prodotti sperimentati sugli animali.
Non comprano animali e non li tengono in gabbia, non visitano zoo e acquari, non vanno al circo e agli spettacoli che impiegano animali.
Evitano insomma tutto quello che comporta la morte e la sofferenza degli animali.
Ogni anno miliardi di esseri senzienti sono trasformati in prodotti alimentari, dopo una breve vita fatta solo di sofferenza.
Chi sceglie di vivere vegan non può fermare da solo tutto questo: rifiuta però di parteciparvi e di esserne la causa.
Non solo. Compie una scelta consapevole e responsabile, mandando un importante segnale per una società più rispettosa dei diritti degli animali non umani e umani.
Per questo i vegan non mangiano prodotti animali come carne, pesce, uova e latticini, non indossano pelle, lana o seta, non usando prodotti sperimentati sugli animali.
Non comprano animali e non li tengono in gabbia, non visitano zoo e acquari, non vanno al circo e agli spettacoli che impiegano animali.
Evitano insomma tutto quello che comporta la morte e la sofferenza degli animali.
Ogni anno miliardi di esseri senzienti sono trasformati in prodotti alimentari, dopo una breve vita fatta solo di sofferenza.
Chi sceglie di vivere vegan non può fermare da solo tutto questo: rifiuta però di parteciparvi e di esserne la causa.
Non solo. Compie una scelta consapevole e responsabile, mandando un importante segnale per una società più rispettosa dei diritti degli animali non umani e umani.
No alla carne
Vivere vegan significa rifiutare tutto quello che deriva dallo sfruttamento degli animali: oltre a carne e pesce, anche latte, uova, pelle, lana, seta…
Oltretutto la quasi totalità dei prodotti animali (carne, latte, uova) proviene da allevamenti intensivi, dove gli animali sono rinchiusi senza nessun rispetto per le loro esigenze fisiologiche, con il solo scopo di raggiungere la massima produttività nel minor tempo possibile.
Fino al momento della uccisione, in quelle macabre “catene di smontaggio” che sono i macelli.
La morte degli animali è preceduta dal trasporto, lungo ed estenuante, fino al mattatoio: stipati nei camion, senza potersi muovere, bere o mangiare, arrivano a destinazione in gravissime condizioni di stress, spesso così debilitati da non riuscire nemmeno ad alzarsi
No al latte
Non molti sanno che mucche e vitellini vengono uccisi nel ciclo di produzione del latte.
Le mucche possono vivere fino a quaranta anni, ma negli allevamenti sono macellate quando la loro produzione di latte diminuisce, in genere dopo circa sette anni.
La loro vita così innaturale, la mungitura meccanica, la selezione per aumentarne la produttività, la stabulazione nei capannoni, la mancanza di movimento, rendono le “mucche da latte” animali così debilitati che spesso, a “fine carriera” non si reggono più nemmeno in piedi. Da qui il modo di chiamarle “mucche a terra”.
Così una volta sfruttate per il loro latte vengono condotte al macello per la loro carne.
Durante questo ciclo di produzione sono inseminate artificialmente: se non mettessero al mondo i vitelli destinati al macello, non produrrebbero latte.
I vitellini, strappati alla madre subito dopo la nascita, sono destinati, se maschi, al mattatoio a pochi mesi di vita (carne di vitella) o fatti ingrassare per essere macellati dopo due anni (carne di manzo); se femmine, seguiranno il destino delle madri. Da questo si desume che il latte e i derivati non dovrebbero ovviamente essere consumati nemmeno dai vegetariani.
Non importa se un formaggio contenga o meno caglio animale (ottenuto dallo stomaco degli animali macellati): i latticini, anche se biologici, sono il risultato di un ciclo produttivo che prevede la morte di mucche e vitelli.
No alle uova
Anche la produzione di uova comporta la morte delle galline e dei pulcini maschi. Le galline vivrebbero quindici anni, ma in tutti gli allevamenti, non solo in quelli intensivi, finiscono macellate appena il numero di uovaprodotte diminuisce (di solito intorno ai due anni di vita) per diventare carne di seconda scelta.
Stipate in gran numero dentro a minuscole gabbie, senza nemmeno la possibilità di aprire le ali o di seguire i loro naturali istinti, diventano stressate e aggressive a tal punto che spesso si feriscono e uccidono fra loro; il taglio del becco, pratica comune negli allevamenti, serve a limitare questo problema.
I pulcini maschi, inutili al ciclo produttivo, vengono buttati vivi in un tritacarne per diventare mangime, soffocati o semplicemente lasciati morire accatastati in grandi mucchi.
Approfondisci guardando il Video Shock: la fabbrica delle uova
Allevamento e macellazione dei conigliStipate in gran numero dentro a minuscole gabbie, senza nemmeno la possibilità di aprire le ali o di seguire i loro naturali istinti, diventano stressate e aggressive a tal punto che spesso si feriscono e uccidono fra loro; il taglio del becco, pratica comune negli allevamenti, serve a limitare questo problema.
I pulcini maschi, inutili al ciclo produttivo, vengono buttati vivi in un tritacarne per diventare mangime, soffocati o semplicemente lasciati morire accatastati in grandi mucchi.
Approfondisci guardando il Video Shock: la fabbrica delle uova
I conigli vengono allevati in piccole gabbie di rete metallica.
In ogni gabbia vi sono più animali, in numero variabile a seconda delle richieste del mercato, ma comunque sempre troppi, tanto che sono solitamente impossibilitati a muoversi, anche di poco.Non hanno la possibilità di nascondersi in tane, e quindi vivono in uno stato di continuo terrore.
Affinché possano sopravvivere allo stress senza morire prima del tempo, vengono loro somministrate varie sostanze chimiche, come antibiotici, anabolizzanti e stimolanti.
Gli stimolanti sono necessari perché in questa situazione i conigli possono diventare apatici, e quindi non mangiare nemmeno più, e questo sarebbe ovviamente un danno per l’allevatore, quindi vengono usate sostanze per stimolare l’appetito.
I conigli sono animali di poco valore economico, come i polli, quindi non si presta più di tanta attenzione alle condizioni in cui vengono tenuti: si fa quel tanto che basta perché non ne muoiano troppi, ma anche se ne muore qualcuno, non è poi un gran danno…
Negli allevamenti familiari non è obbligatorio lo stordimento prima della macellazione, quindi gli animali possono essere ammazzati un po’ come si vuole.Nei macelli industriali, invece, in teoria è obbligatorio lo stordimento con corrente elettrica o gas, ma i controlli sono molto rari, per cui nella pratica questo passaggio può essere saltato, e anche quando viene applicato, in molti casi non funziona, data la velocità della “catena di smontaggio”.
Non che lo stordimento preventivo faccia la differenza: anche se lo stordimento è presente, si tratta comunque di una morte orribile, in un luogo lurido e puzzolente di sangue, in cui gli animali vedono e annusano la morte dei loro compagni che li hanno preceduti.
Allevamento e macellazione di maiali
Negli allevamenti di maiali gli animali vengono tenuti in grossi capannoni, ingrassati fino all’immobilità, impossibilitati a esplorare e scavare nel terreno come in natura sono abituati a fare, il loro innato senso della pulizia frustrato perché obbligati a urinare e defecare nello spazio dove dormono.
Gli animali sfruttati in questo modo manifestano gravi patologie organiche e psicologiche, che li rendono spesso o letargici e apatici o aggressivi, e finiscono per aggredirsi divorandosi la coda o le orecchie l’un l’altro.
Per “risolvere” il problema, pratica comune negli allevamenti è menomare gli animali: vengono loro tagliati i denti e la coda e strappati i testicoli (il tutto senza anestesia).
Le scrofe vengono tenute in piccole gabbie di ferro che le fasciano totalmente, impedendo loro ogni movimento, compreso quello del semplice girarsi su se stesse.
In queste condizioni sono costrette a vivere per la maggior parte del loro tempo, dato che sfornano una cucciolata dietro l’altra.
Gli animali vengono poi spellati con una macchina apposita. Successivamente si tolgono via gli organi interni.
Per ridurre il rischio di contaminazione della carne con feci o resti di pasto presenti negli intestini, gli animali vengono privati del cibo per alcuni giorni prima di farli salire sui camion che li porteranno al macello: dal punto di vista dell’allevatore sarebbe mangime che non si convertirebbe in carne.
Infine, i corpi degli animali vengono segati a pezzi e messi nelle celle frigorifere.
No al pesce
L’amo, oltre che un forte dolore, provoca spesso danni irreversibili e morte, anche nei casi in cui il pesce venga rigettato in acqua.
Le reti da pesca sono la trappola e la fine anche per tartarughe marine, uccelli, delfini e animali di ogni genere.I pesci d’allevamento sono spesso reclusi in condizioni inaccettabili, tanto che una notevole percentuale degli animali allevati muore per malattie ed epidemie.
No all’allevamento biologico
Come in tutte le fattorie, grandi e piccole, anche in quelle biologiche gli animali sono sfruttati e uccisi. Per la loro carne, per il latte e le uova.
Anche se spesso godono di condizioni di vita migliori, le galline ovaiole vengono uccise quando non sono più produttive e così pure i polli maschi, come conseguenza del processo di produzione delle uova.
Gli animali sfruttati in questo modo manifestano gravi patologie organiche e psicologiche, che li rendono spesso o letargici e apatici o aggressivi, e finiscono per aggredirsi divorandosi la coda o le orecchie l’un l’altro.
Per “risolvere” il problema, pratica comune negli allevamenti è menomare gli animali: vengono loro tagliati i denti e la coda e strappati i testicoli (il tutto senza anestesia).
Le scrofe vengono tenute in piccole gabbie di ferro che le fasciano totalmente, impedendo loro ogni movimento, compreso quello del semplice girarsi su se stesse.
In queste condizioni sono costrette a vivere per la maggior parte del loro tempo, dato che sfornano una cucciolata dietro l’altra.
Per i suini il momento del macello è particolarmente penoso, perché il numero delle uccisioni è altissimo, anche 1000 animali in una mattinata.
In queste situazioni lo stordimento (che avviene applicando alla testa dell’animale una forte scarica elettrica) molte volte non viene ben applicato, e quindi gli animali vengono sgozzati, e poi gettati nelle vasche di acqua bollente ancora coscienti.Gli animali vengono poi spellati con una macchina apposita. Successivamente si tolgono via gli organi interni.
Per ridurre il rischio di contaminazione della carne con feci o resti di pasto presenti negli intestini, gli animali vengono privati del cibo per alcuni giorni prima di farli salire sui camion che li porteranno al macello: dal punto di vista dell’allevatore sarebbe mangime che non si convertirebbe in carne.
Infine, i corpi degli animali vengono segati a pezzi e messi nelle celle frigorifere.
No al pesce
I pesci hanno un sistema nervoso complesso e, come gli altri animali, provano paura e sofferenza.
Qualunque sia la modalità di cattura, la morte dei pesci avviene sempre per soffocamento, dopo un’agonia lunga e terribile che non viene tenuta in alcuna considerazione.L’amo, oltre che un forte dolore, provoca spesso danni irreversibili e morte, anche nei casi in cui il pesce venga rigettato in acqua.
Le reti da pesca sono la trappola e la fine anche per tartarughe marine, uccelli, delfini e animali di ogni genere.I pesci d’allevamento sono spesso reclusi in condizioni inaccettabili, tanto che una notevole percentuale degli animali allevati muore per malattie ed epidemie.
No all’allevamento biologico
Anche se spesso godono di condizioni di vita migliori, le galline ovaiole vengono uccise quando non sono più produttive e così pure i polli maschi, come conseguenza del processo di produzione delle uova.
Stesso discorso per il latte:
I vitelli e le mucche “a fine carriera” sono inevitabilmente mandati al macello. Sarebbe impensabile mantenere in vita tutti i maschi improduttivi, nati solo per avviare la produzione di latte, che sfrutterebbero il suolo per tutta la loro vita, con dei costi di mantenimento inaccettabili.
Anna Maria Lunghi©
Tratto da: saicosamangi
“Quando il destino degli animali rimane la macellazione, parlare di amore e rispetto è solo una contraddizione
ipocrita e crudele”.
Anna Maria Lunghi©
Tratto da: saicosamangi
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