Un nostro cronista ha partecipato alla selezione organizzata dal supermercato di una catena estera: ecco cosa ha scoperto. "Si guadagna meno che con i voucher"
Allungo la mano verso le scatole dei biscotti in fila e mi sorprendo ad apprezzare l'ordine regolare con cui sono disposte sullo scaffale. Di solito li avrei afferrati e basta, ma oggi sto approfittando di quindici minuti di anticipo per fare qualche compera, prima di un colloquio per una posizione in ipermercato della costa. Cercano degli scaffalisti notturni e io ho quasi trent'anni e un curriculum abbastanza schizofrenico da poter essere il candidato perfetto: inventarista, barman, fattorino e persino fotografo. Pago e salgo al piano superiore, nel parcheggio all'aperto sopra la struttura. Ci hanno dato appuntamento qui, con una telefonata arrivata il giorno prima. «I colloqui si svolgeranno alle 11:45. Per favore porti copia dei documenti e del curriculum». È una delle ragazze dell'agenzia interinale che ha in gestione il subappalto per la multinazionale estera proprietaria della struttura: «Il colloquio sarà collettivo».
Colloquio nel parcheggio. Sul posto ci si riconosce dai fogli in mano. Il grosso della clientela si accalca al piano inferiore, parcheggi e buste stracolme. Noi siamo lontani dal cuore dello shopping, la sensazione di essere nascosti. «Ci riconoscerete facilmente dai cartellino con il logo aziendale», ci hanno spiegato per telefono. Poiché tardano si parla tra noi, nessuno ha mai fatto questo lavoro. Sono tutti italiani, quasi sempre del posto. La benzina costa, conveniamo, e dalla paga nessuno si aspetta opulenza. Cristiano abita a pochi chilometri e ha un amico che ha già lavorato qui come scaffalista: «Ha rinunciato dopo due settimane, troppo faticoso. Io però voglio vedere di persona cosa offrono, qua offerte di lavoro non ce ne sono. Altrimenti me ne devo andare, Mi ero quasi rassegnato, gli mando curriculum da un anno».
Le due reclutatrici arrivano e passa qualche minuto di attesa perché il gruppo si completi. Siamo nove, due donne e sette uomini. Consegniamo i documenti mentre ci spiegano come si svolgerà il colloquio. Andremo in un ufficio che la ditta ci ha "gentilmente" messo a disposizione. Andare via dal parcheggio scaccerà almeno in parte quella sgradevole sensazione di transitorietà. L’ambiente è una stanza riunioni con un tavolo ovale. L'età media non è particolarmente alta, anche se due o tre hanno oltrepassato i quaranta. Nessuno cerca il lavoro post maturità.
Si sa quando si comincia, non quando si finisce. «Siamo contenti di vedervi di persona - attacca una delle due impiegate dell'agenzia - di solito questi colloqui li facciamo via skype o telefono. Ci piace dare un volto alle persone, spesso dobbiamo guardare le carte d'identità». A colloquio passano in tanti, si capisce, anche se loro sostengono per esigenze dei carichi e non perché la gente scappi via. «Si tratta di un contratto part-time e si svolge durante l'orario notturno», spiegano.
Il lavoro consiste nel riporre i prodotti, in scatola o freschi, negli scaffali secondo un ordine stabilito dai capisquadra. A ognuno viene affidata una corsia, con un pancale pieno dei prodotti che deve rifornire. Quando avrà finito andrà ad aiutare gli altri. «Offriamo un minimo garantito di 14 ore alla settimana», spiega la più anziana che parlerà per gran parte del “recruiting”, così è chiamato. «Si lavora sei giorni a settimana, con un riposo garantito. Vedrete che le ore saranno più di 14 ma dato che tutto è legato alle consegne non possiamo garantire a tutti le 40 ore». Si rimane comunque a disposizione. «Quante ore a notte?», chiede uno dei candidati più giovani. «Dipende: Si comincia a mezzanotte e non si finisce finché ci sono prodotti da caricare. Carico di lavoro standard 3-4 ore. Al massimo si arriva a sei, massimo sette».
Non è un lavoro per vecchi. «Il lavoro è duro, non è affatto riposante. Si carica si fa su e giù tra scaffali alti e bassi tutto il tempo». Lo ripetono spesso. C'è poi da fare la rotazione dei prodotti: quelli a scadenza ravvicinata più avanti nella fila, i più duraturi in fondo. Migliaia di etichette da valutare e collocare nel giusto ordine ogni notte.
Il ragazzo al mio fianco rompe lo stallo sull'argomento più atteso e chiede della paga oraria. «Sono 6,52 euro orari più la maggiorazione per il notturno. Si aggira intorno ai sette euro», rispondono. Lordi. Pagati il 17 di ogni mese successivo di quello lavorato. «Quanto fa al netto?», chiedo. «Cinque e cinquanta all'ora, a braccio».
Dalle facce capiscono che sono meno di quanto ci aspettavamo. «Il contratto è part time perché chi pensa di aggiungere un altro reddito potrà farlo, nei limiti delle 40 per legge», si affrettano ad aggiungere. A fare solo 14 ore settimanali sono 77 euro a settimana, 308 al mese. Immaginando una media di 5 ore a notte, sei giorni a settimana, sono 660 euro mensili. Per pochi spiccioli sopra la soglia di povertà.
Dalle facce capiscono che sono meno di quanto ci aspettavamo. «Il contratto è part time perché chi pensa di aggiungere un altro reddito potrà farlo, nei limiti delle 40 per legge», si affrettano ad aggiungere. A fare solo 14 ore settimanali sono 77 euro a settimana, 308 al mese. Immaginando una media di 5 ore a notte, sei giorni a settimana, sono 660 euro mensili. Per pochi spiccioli sopra la soglia di povertà.
Ad avere un lavoro nel gruppo c'è solo una ragazza. Un impiego in nero, diurno, che la impegna, dice, anche per sei ore. «Pensi di farcela? Sai non è facile», le chiedono. Lei si difende: le cose non si sovrappongono. La incalzano con qualche domanda sugli orari dell’altro impiego ma lei rimane vaga. Ce la può fare. Lo appuntano sul retro del suo curriculum.
Meno che coi voucher. «Non pagate coi voucher? L'ho letto sul Tirreno», chiede una mamma preoccupata anche per l'orario di uscita mattutino visto che deve accompagnare la figlia a scuola. «No, noi no, abbiamo un contratto di cooperativa», le rispondono piccate. La donna storce la bocca. Pronta la replica: «No guarda, gli obblighi per la cooperativa sono semplici: il primo mese c'è una trattenuta di cinquanta euro per il cartellino, la maglietta e il badge che vi forniremo. Ma questi vi saranno restituiti alla fine del contratto. Ogni mese invece vi tratterremo 10 euro dalla busta paga, perché firmando diventate soci della cooperativa e questi sono a fondo perduto, come forma di finanziamento». Consigliati i jeans, fibra dura per proteggere la pelle.
C'è anche altro a carico del lavoratore. «Serve che tutti abbiano delle scarpe antinfortunistiche, senza non si lavora. Sono a carico vostro, qualcuno le ha?». Solo due alzano la mano. I loro nomi vengono segnati. «La coop per cui lavoravo le forniva», dice Cristiano. «Qui no, ma sono un investimento che resta a voi, costano 25 euro, non tanti», gli viene spiegato. Dopo che tutti abbiamo confermato l’interesse siamo congedati. La mamma mi avvicina: «Si vantava del contratto, ma con i voucher alla fine era meglio. Almeno sarebbero sette e cinquanta l'ora netti». Faccio sì con la testa. Quasi sulla porta ci spiegano che al momento della chiamata entro 24 ore dobbiamo firmare il contratto e rimandarlo.
«Altrimenti si prova a far slittare l'assunzione, ma può anche saltare». La reclutatrice silenziosa ci riaccompagna su, al parcheggio. Ci saluta in fretta. La vedo allontanarsi verso un altro gruppo che la aspetta dove ci siamo trovati noi. La osservo ricominciare i convenevoli che mi avevano coinvolto un'ora prima e guidarli dentro la porta dalla quale siamo usciti. Andranno avanti tutto il giorno. Un gruppo va via, l'altro arriva. Tutto al suo posto, come sugli scaffali.
di Libero Dolce
Un'altra immagine degli aspiranti scaffalisti prima del colloquio