Impennata di sussidi pubblici alle fonti fossili. Oltre 5,3 trilioni di dollari l’anno, secondo le stime del Fmi. Questo nonostante gli accordi del G20 per cancellare gli aiuti di Stato ai petrolieri. L’Oms avverte: milioni di morti per inquinamento. Un grosso favore a Big Oil sulla nostra pelle
Petrolio, gas e carbone finanziato con i soldi pubblici. Mentre l’inquinamento sale. Coinvolte principalmente le economie del G20, Italia compresa. Un’impennata inarrestabile, nonostante gli accordi presi per la cancellazione degli aiuti di Stato alle grandi compagnie petrolifere. Conti alla mano il Fondo monetario internazionale (Fmi) rivela che a livello globale spendiamo qualcosa come 5,3 trilioni di dollari per sostenere l’estrazione e la produzione di carburanti fossili. Ovvero il 6,5 per cento del Pil mondiale. E questo ancora prima di aver fatto benzina all’automobile, usato il gas per scaldarci e per cucinare. Una tassa che i governi del mondo avevano promesso di abolire.
Un grosso favore a Big Oil. Ma sulla nostra pelle, avverte l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’inquinamento, infatti, è una mietitrice implacabile, che fa 8 milioni di morti all’anno su tutto il pianeta. Per non parlare delle decine di milioni di malati legati alle emissioni di CO2 nell’atmosfera. A conti fatti gli aiuti alle fossili ci costano oltre i 1000 dollari a testa all’anno stimati dall’organizzazione di Bretton Woods. I più generosi con i petrolieri, spiega ancora il Fmi, sono Cina e Stati Uniti in termini di capitale stanziato; l’Ucraina ha il primato in percentuale sul Pil; mentre il Qatar detiene quello di sussidi pro capite.
Il cambio di rotta promesso nel 2009 non c’è stato. Anzi, la folle corsa degli aiuti al fossile si è intensificata. Lo stesso Obama – che ha da poco annunciato il più poderoso piano per l’abbattimento delle emissioni di gas serra mai visto – non può ignorare che sotto il suo mandato c’è stato un incremento di aiuti federali alle lobby del petrolio. Ai più maliziosi non è sfuggita nemmeno la tempestività della promessa, arrivata a un anno dalla scadenza del mandato presidenziale. E con un Senato ostile, ma soprattutto appiattito sugli interessi dei petrolieri, appare difficile una vera riforma verde.
Dal canto suo l’Ocse avverte: continuando su questa strada non ci sarà nessuna vera crescita verde. L’economia legata alla produzione green rischia di naufragare proprio a causa dei sussidi alla vecchia industria dell’energia. E nonostante alcuni progressi compiuti, nessun Paese ha di fatto ancora legato crescita economica e politica ambientale. Perché ridurre l’inquinamento – ricorda ancora il Fondo monetario – significa un incremento di ricavi pari a 2.900 miliardi di dollari (3,6 per cento del Pil mondiale). Se non altro risparmiati dalla spesa sanitaria e da una riduzione del 50 per cento di decessi prematuri.
di Massimo Lauria
di Massimo Lauria